Il signore delle cenge

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Lo stambecco fece la sua comparsa sulle Alpi durante la grande glaciazione del Riss (350000 a. C.-127000 a. C.) poi con il ritirarsi dei ghiacciai rischiò l’estinzione, rimanendo presente solamente lungo una ristretta fascia delle nostre montagne, tra una cengia e l’altra. Non ebbero la stessa sorte altre specie animali di quell’epoca quali il mammuth, il megalocero ed il bisonte europeo. Nel libro Il signore delle cenge l’autore ha analizzato i vari aspetti relativi a questo bovide selvatico ed in modo specifico quelli della sottospecie che vive sulle Alpi piemontesi e valdostane. Si approfondiscono pertanto la sua anatomia e la sua fisologia ma anche le tematiche della caccia, del ripopolamento, della tentata ibridazione da parte dell’uomo, del monitoraggio della specie, della sua predazione da parte di carnivori che si riaffacciano sul territorio dopo lunghi periodi di assenza, soffermandosi sulle cacce reali, sull’aspetto sanitario e sugli influssi dovuti ai mutamenti climatici. Da questa analisi si deduce che i rapporti tra l’uomo e lo stambecco non siano stati tra i più idilliaci: spiato, catturato, trasportato da una località ad un’altra, cacciato, misurato, vittima della medicina medioevale quale rimedio di infiniti malanni, catalogato dagli zoologi a più riprese, quest’animale ha reagito in modi diversi alla presenza umana. A volte infatti lo stambecco sembra tollerare l’uomo, lasciandosi avvicinare a pochi passi, altre ha persino condiviso con lui il territorio, come lo stambecco che l’autore ha incontrato a Tignet, in Valsavarenche, bella e selvaggia valle valdostana, dove l’animale aveva deciso di passar l’inverno sotto la tettoia di un garage, vicino ad un trattore, anche se la sua genuina natura lo porta di preferenza su pascoli lontani e solitari o su vette e ghiacciai.
La salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità, unitamente all’abbandono del territorio alpino, hanno senz’altro favorito la crescita e la diffusione della specie stambecco (Capra ibex ibex), sottraendola al rischio d’estinzione paventata sino alla metà del ventesimo secolo. Lo stambecco, animale protetto, è perciò in crescita a partire dagli anni ’60 del ‘900, anche se occorre tener presente le conseguenze della scarsa variabilità genetica e delle più recenti mutazioni climatiche che hanno provocato una decisa variazione delle essenze vegetali dei pascoli alpini proprio nel momento più critico del ciclo biologico di questo ungulato. Un magnifico animale, signore di un territorio inospitale, testimone di ere geologiche lontanissime.

di Piervittorio Stefanone
con la collaborazione di Gabriella Mania

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